PROGRAMMA DI GOVERNO

Un Piano d’azione per affrontare le emergenze: sanità, nuovi posti di lavoro, lotta alle povertà estreme, lavoro dignitoso e un percorso di crescita economica sostenibile, equo e inclusivo.

solidarietà

I sensi dell’articolo 5 dello Statuto speciale, la RAS, “ha facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni della Repubblica, emanando norme di integrazione e attuazione”, fra le altre, in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale.
Partendo dallo stato attuale del mercato del lavoro sardo, occorre, viste le variabili demografiche e le dinamiche del sistema produttivo isolano, costruire, attraverso un meccanismo pattizio che coinvolga Enti locali, Ministeri interessati, parti sociali, istituzioni scolastiche/formative, terzo settore un Piano d’azione che, attraverso l’utilizzo delle risorse e degli strumenti di programmazione ordinari e straordinari, anche nazionali ed europei, accompagni le transizioni in corso al fine di raggiungere gli specifici obiettivi di Agenda 2030 con particolare riferimento alle povertà estreme, al lavoro dignitoso e a un percorso di crescita economica sostenibile, equo e inclusivo.

Oggi più che mai serve una nuova pianificazione che coordini il sistema delle risorse e degli obiettivi. L’intento deve essere quello di facilitare l’accesso al mondo del lavoro, l’incontro tra la domanda e l’offerta, la flessibilità e l’adeguatezza della formazione, la vigenza di un sistema di protezione rispetto alle crisi e alle trasformazioni aziendali.

La formazione, quella obbligatoria, quella in costanza di rapporto di lavoro e quella finalizzata alla collocazione e ricollocazione di giovani, donne e disoccupati riqualificabili, nonché il consolidamento della rete territoriale dei servizi (servizi per l’impiego, servizi sociali, istruzione e formazione, terzo settore) rappresentano le leve attraverso cui l’Amministrazione regionale può esercitare le proprie prerogative sul mercato del lavoro.

Il PNR ha avuto il merito di rimettere al centro delle strategie di coesione, accanto ai tradizionali strumenti (politiche passive) di sostegno e integrazione al reddito, importanti (anche in relazione alle risorse impegnate e impegnabili nei prossimi anni) percorsi e strumenti di inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro (politiche attive). Le politiche attive propriamente dette devono essere costruite in stretta relazione con quelle attinenti all’istruzione e la formazione e con quelle di welfare, con particolare attenzione al rafforzamento della prossimità e alla capillarità dei servizi.

Occorre in tal senso intervenire sul Piano attuativo regionale (già adottato) e, attraverso il meccanismo pattizio, di co-progettazione, di cui al paragrafo precedente, integrare gli interventi sulla base delle linee di azione che seguono.
Intendiamo perseguire i seguenti obiettivi:

  • Riorganizzazione della infrastruttura formativa regionale in sinergia con le vocazioni di sviluppo regionali su cui si intende investire (bio-agricoltura; smart cities; agroalimentare di qualità; servizi innovativi).
  • Incentivazione della formazione in costanza di rapporto di lavoro.
  • Sperimentazione, in collaborazione con le parti sociali, di riduzione orario di lavoro, formule di lavoro agile, congedi paritari, incentivi retributivi.
  • Rafforzamento servizi di orientamento (anche specialistico) e formazione per incentivare l’accesso a percorsi di istruzione e specializzazione in materie STEAM.
  • Piano straordinario di qualificazione che parte dai fabbisogni del mercato del lavoro
  • Finanziamento programmi di work experience (tipo Master and Back) per giovani diplomati e laureati da inserire poi nelle realtà produttive sarde (interventi di agevolazione fiscale) o accompagnare all’avvio di start up innovative.
  • Incentivazione formazione in costanza di rapporto di lavoro.

Intendiamo perseguire i seguenti obiettivi:
  • Riorganizzare, secondo una logica di capillarità e prossimità, i servizi socioeducativi e di supporto alle attività di cura e ai caregiver (misure di welfare, anche sperimentali e innovative, coinvolgendo enti locali, scuole e terzo settore);
  • Sperimentare in modo mirato, in collaborazione con parti sociali, la riduzione dell’orario di lavoro, le formule di lavoro agile, i congedi paritari, gli incentivi retributivi;
  • Garantire percorsi agevolati di rientro al lavoro delle neo mamme (misure di welfare, politiche fiscali per le imprese).
Spesso si pensa alle politiche di genere come politiche che hanno effetto solo sulle donne. Ma sono politiche che hanno effetto positivo sull’intera comunità. Se la metà della popolazione migliora le sue condizione di vita, economiche, sociali, la ricaduta è immediata e profonda.

Serie politiche di genere permettono il godimento di diritti di cittadinanza per tutta la popolazione, includendo e valorizzando le diversità, migliorando, tra le altre cose, le possibilità di accesso delle donne al mercato del lavoro
  • Praticare la Coprogettazione
Le politiche di genere, per essere efficaci, devono coinvolgere tutta la comunità e hanno effetto su di essa nel suo complesso. Se si vogliono arrivare delle politiche che diano risultati concreti occorre ascoltare e coinvolgere tutte le forze sociali e istituzionali presenti nella comunità, tenendo conto delle sue sensibilità e delle sue potenzialità e soprattutto mettendo a valore tutte le risorse disponibili, pubbliche e private.
  • Rinforzare e sostenere l’Autonomia economica
1 donna su 2 non lavora e non tutte quelle che lavorano hanno autonomia economica. Non tutte cioè hanno un proprio conto corrente e possono/sanno gestire i loro soldi. E’ importante/urgente attivare reti e strategie, che favoriscano l’attuazione di azioni favorevoli al superamento di questa criticità.
  • Rinforzare e sostenere il reddito di libertà
Il RdL è uno strumento di emergenza che permette alle donne vittime di violenza di avere un sostegno economico che le aiuti ad uscire dalla situazione di violenza. Esiste una misura nazionale a cui si aggiunge una misura regionale della RAS. E’ uno strumento al momento sottoutilizzato, probabilmente per i requisiti e la complessità del sistema di accesso, che occorre semplificare e rendere più efficace.
  • Promuovere il bilancio di genere
Come la spesa dell’ente pubblico impatta sulle politiche di genere? Sono spese o modalità di spesa che favoriscono gli uomini? Sono spese o modalità di spesa che influiscono sulla disparità di genere? E se influiscono l’impatto è positivo o negativo?
Il Bilancio di genere aiuta ad orientare le decisioni politiche nello stanziamento di risorse pubbliche proprio e con maggiore impegno nelle aree e settori che possono – anche indirettamente – determinare disuguaglianze, e a rafforzare i servizi in cui il rischio di discriminazione è più alto.
Il bilancio di genere deve dunque divenire l’asse portante di pianificazione e gestione di una pubblica amministrazione autenticamente democratica e attenta ai diritti delle donne e delle persone LGBTQIA+.
  • Migliorare i servizi per l’infanzia
In Sardegna è possibile attivare i nidi in qualunque realtà, anche in fattoria, anche per pochi bambini. Questo risolve il problema di piccoli comuni con troppo pochi bambini per attivare un nido “classico”. E’ però importante che queste nuove modalità di servizi per l’infanzia siano realizzati in un’ottica di genere (per esempio, prestando attenzione alla non stereotipizzazione delle proposte a bambini e bambine secondo il loro genere) e che siano coinvolte le famiglie e la comunità, arrivando a costruire davvero una “comunità educante”.

  • Realizzare misure di formazione/educazione
A tutti i livelli devono essere messe in atto misure di formazione ed educazione in un’ottica di genere che riguardino non solo i bambini/ragazzi nelle scuole, ma anche il personale di tutti gli uffici e i servizi pubblici e privati.
  • Utilizzare un linguaggio ampio
Se una cosa non ha la parola che la denomina allora non esiste. E’ fondamentale modificare non solo il linguaggio personale, ma anche quello della comunicazione istituzionale, in modo che sappia rivolgersi in modo ampio a tutte le soggettività presenti nella società (donne, uomini, persone LGBTQIA+).
  • Incrementare i centri antiviolenza e le strutture di prima accoglienza
I centri antiviolenza sono ancora troppo pochi e vanno incrementati e finanziati stabilmente. Attualmente si occupano esclusivamente di violenza sulle donne in coppie eterosessuali, tralasciando una fetta di popolazione che vive situazioni di violenza domestica in coppie non eterosessuali. Esistono anche situazioni di violenza o di esclusione dalla famiglia di giovani, spesso minorenni, che manifestano la loro identità di genere fluida e che per questo non vengono accettati dalle famiglia. Per loro, sono urgenti servizi di sostegno per le persone e per le famiglie e case di accoglienza aperte alle persone LGBTQIA+.
Un sistema realmente efficace deve, inoltre, prevedere strutture di prima accoglienza in cui le persone vittime di violenza possano rifugiarsi, anche con i loro figli, prima di poter accedere ai centri antiviolenza
  • Potenziare i servizi di supporto alle attività di cura

La Sardegna gode di un’eccellente servizio di supporto alle attività di cura, che però ha ormai 20 anni e ha bisogno di essere rivisto e rimodulato, in virtù delle modifiche anche demografiche, intervenute. Benché le attività di cura siano ancora per la stragrande maggioranza in capo alle donne, anche a causa del veloce invecchiamento della popolazione, è necessario spostare le attività di cura in capo alla comunità, individuando sistemi innovativi e sperimentali.
Migliori servizi a supporto della famiglia migliorano la possibilità delle donne di accedere al mercato del lavoro e alla partecipazione politica e sociale

Il consolidamento della rete dei servizi territoriali è l’obiettivo propedeutico affinché gli interventi e gli strumenti di politiche attive, di cui si è accennato sopra, producano risultati. Ogni comune della Sardegna dispone di un ufficio dei servizi sociali che spesso lavora in solitudine e senza relazioni con gli altri soggetti che si occupano di cura della persona e di politiche attive del lavoro. Occorre in tal senso portare a compimento il percorso di riforma iniziato con la legge 23/2006 (PLUS, servizi sociali territoriali) e integrarlo con il percorso ancora non compiuto di riorganizzazione dei Centri per l’impiego.
In Sardegna centinaia di lavoratori sono usurati da anni di Cassa integrazione e di altri strumenti di sostegno al reddito. Coloro che, fra questi, non possono essere ricollocati nel mercato del lavoro, vanno accompagnati alla pensione, attraverso specifici strumenti già esistenti e sulla base di un’intesa fra Parti sociali, Ministero ed Enti locali.

L’offerta di lavoro che la transizione digitale e ecologica possono generare se attuate secondo la politica già descritta, può trovare nella riattivazione del Programma LavoRas un efficace strumento di attuazione.
La legge di stabilità regionale del 2018 (art. 2 l.r. 1/2018) aveva istituito il Programma LavoRAS finalizzato all’incremento e alla salvaguardia dei livelli occupazionali attraverso politiche di attivazione, conciliazione, incentivi e altre misure di rafforzamento dell’occupabilità in grado di intervenire sulle disuguaglianze che caratterizzano il mercato del lavoro della Sardegna.
Con il Programma LavoRAS, gli interventi vennero distinti e calibrati su target di lavoratori (con differenti problematiche e differenti livelli di distanza dal mercato del lavoro).
L’elaborazione del Programma presentava i seguenti elementi di novità:

● Analisi approfondita, anche a livello territoriale, delle dinamiche del mercato del lavoro e valutazione dei risultati ottenuti dalle politiche tradizionali che hanno evidenziato le prospettive eterogenee dei differenti target di disoccupati nei diversi contesti territoriali.

● Costante consultazione con le parti sociali (formale e informale) volta a definire e condividere la cornice giuridica, i meccanismi di attuazione e il monitoraggio dell’attuazione.

LavoRAS è stato articolato in tre misure: cantieri innovativi (chiamati c. di nuova attivazione), cantieri ordinari e politiche attive:

● Cantieri innovativi: attraverso la creazione di un articolato catalogo di settori di intervento, si è riusciti ad orientare l’attività dei cantieri verso temi capaci di includere beneficiari con professionalità elevate finora escluse dai cantieri “ordinari” e rafforzare i processi territoriali di sviluppo e la salvaguardia dei beni comuni. Tali strumenti potranno essere particolarmente utili rispetto ai programmi di valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale della Sardegna che intendiamo portare avanti.

● Cantieri ordinari: per garantire sostegno reddituale e occupazionale ai disoccupati che hanno basse probabilità di trovare, in autonomia, un lavoro. Misura di emergenza che interviene sulle disuguaglianze legate all’età, al livello di scolarizzazione e professionalità, al rischio di povertà.

La governance del Programma era incardinata sulla Cabina di regia della Programmazione unitaria (composto dagli assessori competenti per materia, coordinati dall’Assessore alla programmazione) con il supporto tecnico dell’Unità di Progetto per il coordinamento della programmazione unitaria.

Le scelte politiche degli anni successivi hanno invece:

● incardinato la governance sull’Assessorato del Lavoro, abbandonando la dimensione di programmazione unitaria e di coordinamento inter-assessoriale, capace di governare e dettare i tempi di attuazione;

● annullato l’Osservatorio LavoRAS e il processo di monitoraggio/valutazione, capace di intervenire sulle criticità e di introdurre interventi correttivi;

● ridotto le risorse per la rinuncia all’utilizzo di risorse UE ed FSC.

Si tratta dunque di ribadire la necessità di disporre di uno strumento di politica attiva flessibile e facilmente attivabile e di ripristinarne la governance e il controllo secondo logiche e pratiche unitarie che attraversino i diversi settori produttivi e le diverse strutture amministrative di governo dei processi sociali.

Le esperienze passate insegnano che, pur in presenza di politiche virtuose di sviluppo, restano sempre settori della società con redditi troppo bassi per vivere attivamente la cittadinanza. Per questi ambiti occorrerà prevedere specifiche norme di sostegno al reddito, nelle more dell’inserimento nel mondo del lavoro.

sanitÀ e salute come diritto

Nella nostra Regione il desiderio di individuare sistemi organizzativi sempre più efficaci e funzionali ha determinato in un breve arco temporale a continue modifiche radicali per la quale si è passati da otto ASL alla ASL unica e subito ad una discutibile restaurazione che ha ripristinato le otto ASL. Questa alternanza dell’assetto organizzativo ha generato nelle complesse attività gestionali delle strutture sanitarie, nei cittadini e nel personale sanitario, confusione, incertezze e disordine.

>La crisi del Servizio Sanitario pubblico è aggravata, oltre che dalla confusione amministrativa, anche dalla carenza di personale e di risorse, nonché dalla assenza di una guida in grado di gestire le diverse complessità. Il sistema sanitario regionale, già in crisi per queste note problematiche, è stato ancor più compromesso, negli ultimi anni, dalla pandemia da Covid-19, che ha mostrato tutte le lacune del settore sanitario.

Oggi è necessario rimodulare la macchina organizzativa, senza ulteriori sovvertimenti, semplificando e ottimizzando procedure e percorsi. Dobbiamo ricreare un sistema integrato in grado di soddisfare le esigenze dei diversi territori, sulla base di analisi mirate a valutare i reali bisogni dei cittadini per fornire risposte adeguate.

Inoltre, nel contesto attuale, la globalizzazione ha reso il mondo più interconnesso che mai. Tuttavia, questa interconnessione ha anche amplificato le sfide che dobbiamo affrontare. L’eredità della pandemia COVID-19 ha evidenziato la necessità di collaborazione, preparazione e ricerca medica avanzata nell’ambito della nostra Regione. Ci siamo resi conto che i modelli organizzativi e di accoglienza delle nostre strutture sanitarie sono ormai superati, siamo stati costretti a sistemare tende e prefabbricati davanti ai nostri ospedali, a chiudere poliambulatori e isolare i medici di medicina generale nei loro studi medici. Abbiamo capito che il futuro richiede una riprogettazione complessiva del sistema di accoglienza e gestione dei pazienti del servizio sanitario regionale, su cui dobbiamo lavorare.

Guardando al futuro, la flessibilità, l’integrazione e l’uso efficace della tecnologia saranno fondamentali per garantire sistemi sanitari efficienti e centrati sul paziente, ma soprattutto sarà necessario quello che è mancato in questi anni: un progetto globale che guidi la sanità regionale nel terzo millennio.

Questo nuovo progetto ha nei seguenti contenuti la sua struttura portante.
Nonostante la dichiarata importanza teorica assegnata alla centralità del cittadino nel servizio sanitario, nella pratica il cittadino è subordinato alla forza degli apparati e dei sistemi, è cioè subordinato alle esigenze organizzative della sanità.

Per invertire questa impostazione bisogna distinguere gli obiettivi di cambiamento culturale da quelli di innovazione organizzativa.

Sotto il profilo culturale e educativo l’obiettivo è promuovere:

  • la partecipazione attiva. I cittadini devono potersi impegnare attivamente nelle politiche sanitarie, esprimendo le proprie esigenze e aspettative. Questo può avvenire attraverso la partecipazione a gruppi di difesa dei pazienti, fornendo feedback alle autorità sanitarie e partecipando a iniziative di miglioramento della qualità.

  • la consapevolezza. Aumentare la consapevolezza sulle questioni legate alla centralità del cittadino nel servizio sanitario è fondamentale. Ciò può coinvolgere l’educazione pubblica, la sensibilizzazione sui diritti del paziente e la divulgazione di informazioni sulla partecipazione del paziente nelle decisioni relative alla propria salute.

  • La collaborazione tra pazienti e fornitori di servizi sanitari: La creazione di partnership tra pazienti e fornitori di servizi sanitari (Asl e Aziende Sanitarie) può migliorare la comunicazione e la comprensione reciproca. L’ascolto attivo delle preoccupazioni dei pazienti da parte dei professionisti sanitari può contribuire a migliorare i percorsi assistenziali;

  • L’advocacy e l’attivismo. Sostenere organizzazioni o gruppi di advocacy che lavorano per migliorare il coinvolgimento del cittadino nel sistema sanitario. L’attivismo può contribuire a promuovere cambiamenti a livello politico e istituzionale.

  • La partecipazione a iniziative di riforma. Contribuire a iniziative di riforma del sistema sanitario può essere un modo efficace per influenzare il cambiamento a livello strutturale. Partecipare a dibattiti pubblici, forum o gruppi di lavoro dedicati al miglioramento del sistema sanitario può essere utile.

  • Il feedback e le segnalazioni. Fornire feedback dettagliato sulle esperienze personali nel sistema sanitario può essere prezioso. Molte organizzazioni cercano feedback dai pazienti per identificare aree di miglioramento.

  • La formazione professionale. Sostenere la formazione professionale orientata alla centratura del paziente può aiutare a creare una cultura sanitaria che valorizzi la partecipazione del cittadino.


La trasformazione del sistema sanitario verso un modello centrato sul cittadino può richiedere tempo, ma è possibile accelerare questo cambiamento attraverso un impegno collettivo e una pressione sociale costante. L’unione degli sforzi da parte dei cittadini, dei professionisti della salute, delle organizzazioni di advocacy e delle autorità sanitarie è fondamentale per spingere il sistema verso una maggiore attenzione alle esigenze, alle preferenze e al coinvolgimento attivo dei pazienti. La consapevolezza diffusa sulla necessità di un cambiamento e l’incessante richiesta di miglioramenti possono fungere da catalizzatori per una trasformazione più rapida ed efficace in direzione di un servizio sanitario finalmente al servizio del cittadino.
L’innovazione tecnologica in sanità sta rivoluzionando il panorama medico, introducendo avanzamenti significativi che migliorano l’efficienza, l’accesso e la qualità delle cure. Dall’adozione dell’Intelligenza Artificiale per la diagnosi precoce, alla telemedicina che consente la consulenza a distanza, la sanità sta abbracciando nuove tecnologie per ottimizzare la gestione dei pazienti e garantire un’assistenza più personalizzata. Questi progressi promettono di trasformare radicalmente il settore sanitario, aprendo nuove prospettive per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle malattie, contribuendo a plasmare un futuro più efficiente e vantaggioso per tutti.

L’obiettivo è innovare tecnologicamente, in modo molto avanzato, il sistema sanitario sardo.

Le esperienze passate insegnano che, pur in presenza di politiche virtuose di sviluppo, restano sempre settori della società con redditi troppo bassi per vivere attivamente la cittadinanza. Per questi ambiti occorrerà prevedere specifiche norme di sostegno al reddito, nelle more dell’inserimento nel mondo del lavoro.

L’eredità ambientale è diventata sempre più rilevante nella discussione sulla salute. La sostenibilità ambientale e la salute umana sono interconnesse, con la consapevolezza crescente dell’impatto dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici sulla salute della popolazione.

L’obiettivo è rendere strutturalmente connesso, nella pianificazione e nella programmazione, le politiche ambientali e le politiche di prevenzione e di tutela della salute.

La collaborazione globale diventerà sempre più cruciale nel gestire le sfide sanitarie, inclusi gli scambi di conoscenze, risorse e tecnologie per affrontare pandemie future e altre emergenze sanitarie.

L’obiettivo è costruire un sistema sanitario integrato, capace di assorbire e trasmettere rapidamente le innovazioni, veloce nel trovare nel mondo soluzioni a ciò che non è in grado di risolvere localmente, facile da essere compreso e usato in tutte le sue potenzialità.

La Prevenzione rappresenta l’area d’intervento prioritaria, per la quale è necessario un adeguato impegno di risorse e l’ampliamento dei programmi.

L’obiettivo prioritario è realizzare un modello organizzativo capace di assicurare una corretta valutazione della domanda di salute, un’adeguata offerta preventiva, la partecipazione della collettività.

Pensare che la prevenzione si limiti a generare risparmi economici, sia a breve che a lungo termine, è fuorviante e riduttivo.

Fare prevenzione significa migliorare, prima di tutto, la qualità di vita delle persone.

Serve dunque una politica della qualità della vita, che faccia da cornice pianificatoria alla programmazione degli interventi.

Più concretamente servono programmi volti a ridurre i fattori di rischio negli ambienti di vita e di lavoro, a ridurre gli incidenti e gli infortuni, poiché questi hanno un impatto significativo sulla mortalità e sulla morbosità

Il Piano Europeo contro il cancro del 2021 pone grande enfasi sull’individuazione precoce dei tumori attraverso lo screening. Una diagnosi anticipata rappresenta uno degli obiettivi principali, offrendo le migliori prospettive per sconfiggere il cancro e preservare vite umane.

I programmi di screening attualmente in essere (colon-retto, utero, mammella) dovranno essere potenziati rendendo estremamente fruibile per i cittadini la partecipazione. Inoltre, dovrà essere avviato un programma specifico per la prevenzione del cancro al polmone.

È prioritario, inoltre, realizzare in maniera definitiva il Registro dei Tumori della Regione, che svolgerà un ruolo fondamentale nella creazione e nell’avanzamento dei sistemi informativi in oncologia. La sua attuazione renderà possibile disporre di dati cruciali per la sorveglianza e la conduzione di studi epidemiologici.

In questo senso, è essenziale adottare un approccio completo e intersettoriale per ridurre sia la sofferenza umana che l’onere socioeconomico legato ai tumori. Ciò comporta una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico, con particolare attenzione al potenziamento delle cure e alla prevenzione delle ricadute.
Serve un nuovo modello organizzativo, a valenza regionale, per un assetto di prevenzione collettiva e di sanità pubblica che garantisca il coinvolgimento di esperti multidisciplinari, compresi medici, epidemiologi, climatologi, ambientalisti e professionisti della salute pubblica, per integrare la sanità umana, animale e ambientale, in modo da:  

  • valorizzare le interconnessioni tra salute umana, ambiente e cambiamenti climatici. In questo contesto appare centrale anche il ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri.

  • rinforzare i programmi di prevenzione, gli screening oncologici, l’educazione sanitaria, sviluppando programmi educativi per informare la popolazione sulle connessioni tra salute umana, stili di vita e ambiente;

  • Coinvolgere le comunità locali per promuovere comportamenti sostenibili e ridurre gli impatti negativi sulla salute; 

  • Integrare la salute pubblica nelle politiche di pianificazione urbana, promuovendo la creazione di spazi verdi, la riduzione dell’inquinamento e la progettazione di comunità resilienti ai cambiamenti climatici.
Serve un nuovo modello organizzativo, a valenza regionale, per un assetto di prevenzione collettiva e di sanità pubblica che garantisca il coinvolgimento di esperti multidisciplinari, compresi medici, epidemiologi, climatologi, ambientalisti e professionisti della salute pubblica, per integrare la sanità umana, animale e ambientale, in modo da:

● valorizzare le interconnessioni tra salute umana, ambiente e cambiamenti climatici. In questo contesto appare centrale anche il ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri.

● rinforzare i programmi di prevenzione, gli screening oncologici, l’educazione sanitaria, sviluppando programmi educativi per informare la popolazione sulle connessioni tra salute umana, stili di vita e ambiente;

● coinvolgere le comunità locali per promuovere comportamenti sostenibili e ridurre gli impatti negativi sulla salute;

● integrare la salute pubblica nelle politiche di pianificazione urbana, promuovendo la creazione di spazi verdi, la riduzione dell’inquinamento e la progettazione di comunità resilienti ai cambiamenti climatici.
Vogliamo rivoluzionare il sistema di assistenza sanitaria a livello distrettuale, integrando in modo sinergico le componenti sociali e sanitarie. L’obiettivo è promuovere un approccio olistico che consideri non solo le necessità mediche dei cittadini, ma anche i fattori sociali che influenzano il loro benessere complessivo. Sarà garantita e monitorata la collaborazione tra i servizi sanitari e quelli sociali per garantire un’assistenza completa e personalizzata, coinvolgendo attivamente, oltreché i servizi del sistema sanitario, anche i Sindaci e le comunità.

Si favorirà l’empowerment dei cittadini, educandoli alla gestione della propria salute e coinvolgendoli nelle decisioni relative al loro percorso di cura. Si investirà massicciamente sulle tecnologie digitali per migliorare l’accesso ai servizi sanitari e sociali, favorendo la telemedicina, la raccolta di dati e la gestione efficiente delle informazioni. Si renderà permanente e efficiente la formazione del personale sanitario e sociale, per favorire una migliore comprensione reciproca dei ruoli e delle competenze, potenziando la collaborazione interprofessionale.

Lo scopo finale è realizzare una maggiore accessibilità ai servizi sanitari e sociali, riducendo le disparità nell’assistenza, con un conseguente aumento della soddisfazione dei cittadini rispetto ai servizi ricevuti, con particolare attenzione alla personalizzazione dell’assistenza. Una gestione integrata e coordinata dei servizi comporterà anche una ottimizzazione delle risorse.
Una struttura chiaramente riconoscibile e facilmente accessibile per la popolazione di riferimento, in grado di offrire servizi di accesso, accoglienza e orientamento per l’assistito. Questo obiettivo di carattere generale, ne attiva di settoriali

● collaborare con i Sindaci per individuare insieme (ASL e Comuni), le migliori soluzioni logistiche;

● investire nelle strutture sanitarie dei territori spesso fatiscenti, per garantire standard di qualità;

● aggiornare le attrezzature mediche e tecnologiche per rispondere alle esigenze della comunità;

● migliorare la rete di strutture sanitarie locali per migliorare la copertura nel territorio;

● ampliare la gamma di servizi offerti nelle strutture locali per coprire un ampio spettro di bisogni sanitari, inclusi i servizi di base, i trattamenti specialistici e i servizi per gestire l’emergenza;

● introdurre servizi di telemedicina per aumentare l’accessibilità a consulenze specialistiche;

● consolidare il ruolo attivo del Distretto sociosanitario nel definire le attività sanitarie di rilevanza sociale, comprendendo le azioni mirate a promuovere la salute, prevenire, individuare, rimuovere e contenere gli esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

● intervenire efficacemente sulle attività sociali di rilevanza sanitaria, che comprendono tutte le iniziative del sistema sociale che mirano a fornire supporto alle persone in stato di bisogno affette da disabilità o emarginazione, con impatti significativi sullo stato di salute.

Negli ultimi decenni, il settore sanitario ha sperimentato significative trasformazioni, con un crescente riconoscimento dell’importanza delle reti di relazione per migliorare i percorsi clinico terapeutici.
Le quattro Reti (cardiovascolare per l’emergenza, neonatologica e dei punti nascita, ictus e trauma severo) al pari della rete oncologica, sono parte integrante e prioritaria della programmazione dei servizi sanitari, in risposta alla necessità di cure di qualità, in tempi appropriati.


●La Rete Oncologica costituisce un modello organizzativo volto a garantire una presa in carico completa del paziente. Questo avviene attraverso la creazione di relazioni formalizzate e coordinate tra professionisti, strutture e servizi che forniscono interventi sanitari e sociosanitari di varie tipologie e livelli. Al riguardo è auspicabile promuovere con forza il concetto di squadra fra gli operatori sanitari della rete che identifica i nodi e le connessioni pertinenti, stabilendo regole operative, un sistema di monitoraggio, nonché requisiti di qualità e sicurezza per i processi e i percorsi di cura. Inoltre, si dedica alla qualificazione dei professionisti e definisce le modalità di coinvolgimento attivo dei cittadini.


● Rete Radioterapica. L’attuale situazione dei Centri di radioterapia nella nostra Regione è sconfortante. Risultano installati nei quattro Centri Sardi n. 10 acceleratori lineari. Per diversi motivi 3/4 macchine non sono attualmente utilizzate, costringendo molti cittadini a rivolgersi presso centri extraregione. È indispensabile un provvedimento tempestivo che consenta il pieno utilizzo delle macchine in condizioni di operatività e che porti a completamento il processo di ammodernamento delle apparecchiature obsolete, così da consentire a tutti i pazienti sardi di usufruire di apparecchiature tecnologicamente adeguate agli standard di una moderna radioterapia. L’ammodernamento tecnologico dovrebbe comprendere anche apparecchiature di altissima tecnologia dedicate a tecniche speciali, al fine di interrompere la mobilità passiva extraregionale. Per il loro elevato costo e le strette indicazioni queste, comunque, non potranno essere presenti in tutti i centri. Pertanto, la Rete Regionale di Radioterapia dovrà provvedere ad organizzare percorsi per facilitare l’accesso dei pazienti a tali trattamenti e tecnologie. La Rete di Radioterapia dovrà agire in sinergia con la Rete Oncologica al fine di fornire indicazioni sulla disponibilità delle apparecchiature e tecniche ai Radioterapisti presenti nella rete Oncologica in modo che questi possano tenerne conto nella programmazione dei PDTA.


● La Rete STROKE è progettata per coprire bacini di utenza al fine di garantire la migliore assistenza anche ai pazienti provenienti da zone più remote. L’obiettivo è facilitare l’accesso di ogni paziente al più vicino ospedale attrezzato specificamente per la cura dell’ictus nel minor tempo possibile dall’esordio della patologia. Il raggiungimento di questo obiettivo è particolarmente importante, considerando che per l’ictus e altre patologie “tempo dipendenti”, la tempestività è un requisito fondamentale per l’efficacia delle cure.


● La Rete Cardiovascolare è un insieme coordinato di strutture e professionisti impegnati nella gestione dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari. L’obiettivo è ottimizzare i servizi e le prestazioni, promuovendo la condivisione di protocolli di trattamento e la gestione integrata dei percorsi clinico-assistenziali. Le malattie cardiovascolari, allineandosi con il trend globale, rappresentano la principale causa di morte. Questa situazione genera un impatto significativo, sia in termini di salute pubblica che in termini di utilizzo delle risorse disponibili.


● La Rete neonatologica e dei punti nascita ho lo scopo di fornire alle donne e ai neonati il massimo delle opportunità clinico-assistenziali, garantendo: un’assistenza di qualità superiore, indipendentemente dalla zona di residenza o dalla situazione sociale, economica e culturale della donna/coppia, nonché l’accesso alle migliori cure, conformemente alle linee guida nazionali e internazionali accreditate e condivise dalle società scientifiche.


● La Rete per il Trauma, basata sul modello HUB & SPOKE, si struttura attorno a un Centro HUB e a Ospedali con Pronto Soccorso per il Trauma come centri periferici. Il suo principio guida è la Centralizzazione Primaria del Trauma Maggiore, con il Centro HUB come fulcro. Gli obiettivi principali del Centro HUB includono la presa in carico dei traumatizzati maggiori, la gestione dei rapporti con il 118 e gli altri nodi della rete, l’organizzazione di percorsi clinico-assistenziali integrati, il coordinamento degli interventi tra Unità Operative, la definizione di piani formativi ospedalieri e la verifica del rispetto degli standard assistenziali.

In conclusione, la creazione di reti di relazioni all’interno degli ospedali svolge un ruolo cruciale nell’ottimizzazione delle cure e nel miglioramento degli esiti per i pazienti. La collaborazione tra professionisti della salute, la condivisione delle risorse e la focalizzazione sull’integrazione delle cure costituiscono elementi chiave per affrontare sfide complesse. Investire nella formazione e nel potenziamento di tali reti rappresenta un passo significativo verso un sistema sanitario più efficiente, orientato al paziente e finalizzato al conseguimento di risultati positivi.

Il legame tra territorio e ospedali riveste un’importanza fondamentale nel contesto della sanità e della gestione delle cure mediche. Il territorio, inteso come l’area geografica di riferimento, gioca un ruolo cruciale nella definizione delle necessità sanitarie della popolazione e nella distribuzione strategica delle risorse mediche

Gli ospedali, come pilastri del sistema sanitario, devono essere attentamente integrati nel tessuto territoriale per garantire un accesso efficace e tempestivo alle cure. La loro localizzazione strategica, in relazione alle caratteristiche demografiche e geografiche del territorio, influisce direttamente sulla capacità di rispondere alle esigenze sanitarie locali.

Inoltre, la connessione tra territorio e ospedali si estende oltre la semplice collocazione geografica. È cruciale promuovere la partecipazione attiva delle comunità locali nella definizione delle priorità sanitarie e nel processo decisionale che riguarda la struttura e la gestione degli ospedali. Questo coinvolgimento contribuisce a garantire che le risorse siano allocate in modo mirato e rispondano alle reali esigenze della popolazione.

La stretta connessione tra l’efficacia dell’assistenza territoriale e il corretto funzionamento degli ospedali costituisce una pietra angolare per un sistema sanitario equo ed efficiente. Un’assistenza territoriale ben strutturata e capillare può svolgere un ruolo determinante nella prevenzione delle malattie, nella gestione delle condizioni croniche e nella promozione della salute a livello locale.

Una robusta rete di assistenza primaria, con medici di famiglia, infermieri e altri professionisti sanitari, agisce come il primo punto di contatto per i pazienti. Questa presenza territoriale non solo consente una diagnosi precoce e un intervento tempestivo, ma promuove anche pratiche preventive e stili di vita salutari nella comunità.

Quando l’assistenza territoriale funziona in modo efficace, si verifica una riduzione della pressione sugli ospedali in termini di carichi di lavoro e di ricoveri. La gestione delle patologie croniche, ad esempio, può avvenire in modo più efficiente e mirato a livello locale, prevenendo complicazioni che potrebbero richiedere cure ospedaliere più intensive.

Inoltre, un sistema di assistenza territoriale ben strutturato può facilitare la continuità delle cure tra le diverse fasi del percorso sanitario di un paziente. La condivisione efficiente delle informazioni tra le strutture territoriali e ospedaliere garantisce una gestione integrata del paziente, migliorando la qualità delle cure e riducendo duplicazioni ed errori.

Anche il tema delle interminabili liste d’attesa può trovare una soluzione efficace da una gestione delle varie attività dei centri territoriali, sia per quanto riguarda le prestazioni cliniche che quelle strumentali. Una attenta organizzazione dei servizi, pubblici e privati convenzionati, unitamente a sistemi di incentivazione del personale correlati alle prestazioni erogate, può determinare una svolta decisiva nella risoluzione del problema, Infine non dobbiamo dimenticare l’appropriatezza prescrittiva per fare in modo che le risorse a disposizione siano sempre utilizzate al meglio.

La promozione della salute mentale, la gestione degli aspetti sociali e la coordinazione delle risorse comunitarie sono altri elementi chiave che contribuiscono a mantenere un equilibrio sostenibile tra assistenza territoriale ed ospedaliera. In questo contesto, la comunità stessa diventa una risorsa preziosa per sostenere la salute generale e prevenire l’insorgenza di condizioni che richiedono cure ospedaliere più avanzate.
Attualmente i cittadini si rivolgono spesso ai Pronto Soccorso in quanto risulta più problematico seguire la via classica: medico curante, prenotazioni presso gli ambulatori delle prestazioni specialistiche e/o strumentali (non tralasciando i tempi necessari per la prenotazione degli esami) per poi ritornare dallo specialista per una sintesi finale. Con un accesso al pronto soccorso, anche se si mette in conto l’attesa, se il malanno non è grave, si è garantiti che le prestazioni necessarie verranno eseguite. Per porre rimedio alla situazione attuale è necessario un potenziamento dell’offerta ambulatoriale nei territori e cioè:

  • Creare percorsi semplificati per le malattie non richiedenti ricovero ospedaliero.

  • Rinforzare nei centri abitati l’offerta sanitaria ambulatoriale con specialisti come cardiologi, geriatri, diabetologi, reumatologi, fisioterapisti e pediatri, adattando il numero di specialisti alla popolazione e all’età media.

  • Migliorare e monitorare l’accessibilità alle specialità mediche direttamente nei luoghi di residenza dei cittadini.
  • Potenziare i centri di salute mentale nel territorio, completando la rivoluzione nelle strutture psichiatriche iniziata negli anni precedenti.

  • Potenziare la chirurgia ambulatoriale:

  • Efficientare i trasporti sanitari atti a garantire spostamenti adeguati con il 118, inclusi i trasporti in eliambulanza con elicotteri abilitati al volo notturno. Dovranno poter essere garantiti dal 118 anche i trasporti secondari complessi ed urgenti.
Alcune strutture ospedaliere o parte di esse dovranno essere riqualificate per le lungodegenze a bassa intensità di cure.

Dovremo istituire posti letto di riabilitazione adeguati alle necessità, colmando le numerose carenze presenti in gran parte della nostra Regione. La disponibilità di posti letto di riabilitazione determina due conseguenze di estrema importanza: libera i posti letto per acuti dopo pochi giorni dall’eventuale procedura chirurgica, consentendo un ottimale recupero funzionale del paziente.

Gli Ospedali per Acuti dovranno garantire la miglior qualità delle cure nei centri ad alto volume di attività. Infatti, si è notata a livello globale una tendenza verso la centralizzazione dei servizi di assistenza, sia per malattie rare che per patologie più diffuse e per gli interventi chirurgici più complessi. Questo approccio si basa sulla certezza che la specializzazione e l’esperienza derivanti da un alto volume di casi trattati contribuiscono a migliorare la qualità dell’assistenza e a ottenere risultati più positivi per il paziente.

Molti Ospedali della Regione hanno carenze di vario tipo: logistiche, impiantistiche o funzionali, alcune estremamente importanti, enfatizzate in questi ultimi anni dalla pandemia. Infatti, il diffondersi dell’epidemia Covid-19 ha evidenziato in misura drammatica le carenze dei vari presidi costruiti con concezioni strutturali ormai palesemente inadeguate, che hanno costretto alla realizzazione di tende da campo o nel migliore dei casi la costruzione di prefabbricati. Un’altra considerazione riguarda la dispersione dell’offerta sanitaria e la parcellizzazione delle risorse in numerosi edifici vetusti che determinano una inevitabile inefficienza e duplicazione di servizi. È doveroso inoltre ricordare l’elevato costo di mantenimento di questi edifici sia per quanto riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché le insormontabili difficoltà per la messa in sicurezza per il rispetto doveroso delle attuali norme antincendio e di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Appare evidente e improcrastinabile la realizzazione di un progetto globale per la sostituzione dei vecchi edifici, che sia in grado di accorpare i reparti di degenza ospedalieri e universitari, in moderni presidi concepiti per affrontare le sfide del terzo millennio.

Dovrà essere aggiornata l’assegnazione dei posti letto nei vari Ospedali con una rimodulazione che dovrà tener conto delle effettive necessità dei territori e delle reali potenzialità dei presidi.

I posti letto assegnati dovranno essere attivati in un arco temporale definito, in mancanza del quale potranno essere ridistribuiti.

Alcune unità operative dovranno essere di riferimento per tutta la Regione, per cui si dovranno far carico dei casi più complessi che attualmente vengono trattati nelle strutture sanitarie dei centri della penisola.

Serve garantire un progetto regionale per la gestione del rischio clinico in ambito sanitario, che rappresenta un insieme di azioni finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e garantire la sicurezza dei pazienti. Solo attraverso una gestione integrata del rischio è possibile apportare cambiamenti significativi nella pratica clinica, promuovere una cultura della salute più attenta e vicina ai pazienti e agli operatori, indirettamente contribuire a ridurre i costi delle prestazioni e, infine, favorire l’allocazione di risorse per lo sviluppo di organizzazioni e strutture sanitarie più sicure.

Va sottolineato che l’assistenza sanitaria regionale è garantita sia dai centri pubblici che da quelli privati convenzionati. Pertanto, è fondamentale instaurare una dinamica di complementarità e collaborazione all’interno del sistema, affinché possa operare in modo sinergico ed efficiente. Anche grazie a queste sinergie si potrà agire efficacemente nella relazione domanda-offerta, e rendere fisiologici i tempi d’attesa delle prestazioni sanitarie.
Negli ultimi anni, si è tentato di affrontare il problema delle liste d’attesa interminabili per accedere alle prestazioni sanitarie attraverso investimenti ad hoc per incentivare i professionisti del settore. Tuttavia, tale approccio non ha sortito i risultati sperati. La soluzione a questo problema potrebbe emergere solo attraverso una riconsiderazione completa del sistema dell’offerta sanitaria.

È essenziale superare l’approccio limitato incentrato sugli operatori individuali e adottare una visione olistica, rivedendo e ottimizzando l’intero processo. Questo implica l’identificazione e la rimozione degli ostacoli strutturali che contribuiscono alle lunghe attese, non solo concentrandosi sugli incentivi monetari per i singoli professionisti.

Un approccio rinnovato potrebbe coinvolgere la revisione delle pratiche amministrative, l’implementazione di tecnologie efficienti per la gestione delle liste d’attesa, e una migliore coordinazione tra le varie fasi del percorso sanitario. Inoltre, potrebbe essere utile esaminare modelli di cura innovativi che migliorano l’efficienza senza compromettere la qualità dell’assistenza.

La riforma dovrebbe coinvolgere tutte le parti interessate, compresi professionisti, istituzioni sanitarie, e anche il coinvolgimento attivo dei pazienti. Una prospettiva centrata sull’utente, insieme a un’analisi critica del sistema attuale, potrebbe portare a soluzioni più efficaci per risolvere le sfide legate alle liste d’attesa nell’ambito dei servizi sanitari.
vo approccio alla salute mentale è stato avviato in Italia con l’introduzione dei “Centri di Salute Mentale” (CSM). La sua visione chiave ha trasformato il paradigma terapeutico, passando da un modello basato sull’istituzionalizzazione e l’isolamento a uno de-istituzionalizzato e centrato sulla comunità. I CSM hanno rappresentato un cambiamento significativo, fungendo da centri di assistenza comunitaria con l’obiettivo di coinvolgere attivamente la comunità locale e fornire servizi orientati al benessere mentale e alla riabilitazione, superando il tradizionale modello basato sulla segregazione.

L’attuale obiettivo è quello di garantire uniformità nella risposta alla domanda di salute mentale nei diversi territori, potenziando i servizi e i programmi specifici

La salute mentale deve essere – nuovamente – una priorità per la nostra Regione, considerando le carenze attuali nel sistema dei servizi e la diffusione dei disturbi mentali.

I dati epidemiologici indicano che una significativa parte della popolazione adulta nella Regione Sardegna vive una condizione di disagio psichico, con il 1,5-2,5% che presenta disturbi psicotici. Si evidenziano problemi significativi tra gli adolescenti (7-10%) e un tasso di suicidi superiore alla media nazionale. Il 10% della popolazione carceraria presenta disturbi mentali significativi, e il numero di cittadini sardi negli ospedali psichiatrici giudiziari è più del doppio della media nazionale.

I servizi di salute mentale nelle ASL presentano criticità, con risposte frammentate e carenti. Le carenze includono la mancanza di spazi di accoglienza diurna per i pazienti, habitat inadeguati, lavoro territoriale/domiciliare limitato, relazioni limitate o conflittuali con le famiglie, mancanza di programmi terapeutico-riabilitativi a lungo termine e carenza di programmi di formazione e supporto per utenti e familiari. Inoltre, mancano programmi integrati con i Medici di Medicina Generale (MMG).

Queste criticità impongono la definizione di un nuovo modello assistenziale della malattia mentale al fine di migliorare l’efficacia degli interventi, garantire un sostegno più tempestivo e personalizzato ai pazienti, nonché ottimizzare l’utilizzo delle risorse sanitarie

Nel contesto della salute pediatrica in Sardegna, emergono esigenze cruciali che richiedono una risposta immediata e mirata. Attualmente, la mancanza di una Terapia Intensiva Pediatrica rappresenta una lacuna significativa nel percorso assistenziale dedicato ai bambini, compromettendo la capacità del sistema sanitario regionale di fornire cure di alta qualità e rispondere efficacemente alle diverse esigenze di salute.

La Sardegna, pur vantando un sistema sanitario solido, si trova di fronte a una sfida importante nel garantire un percorso assistenziale pediatrico completo. La mancanza di una Terapia Intensiva Pediatrica rappresenta un vuoto critico, specialmente quando si considerano le emergenze mediche e le patologie gravi che possono colpire i bambini. La necessità di un’unità specializzata in grado di fornire cure intensive è fondamentale per garantire un livello ottimale di assistenza sanitaria pediatrica.

L’attivazione di una Terapia Intensiva Pediatrica, che potrebbe trovare corretta ubicazione nell’Azienda Brotzu, è imperativa per garantire che i bambini affetti da gravi patologie, incidenti o condizioni critiche ricevano cure immediate e specializzate. Tale struttura consentirà di gestire efficacemente le emergenze, riducendo i tempi di intervento e aumentando le possibilità di guarigione. Inoltre, una Terapia Intensiva Pediatrica fornirà un ambiente adeguato al monitoraggio costante e la gestione avanzata delle condizioni critiche, contribuendo a migliorare significativamente gli esiti clinici.

I setting assistenziali presenti in Sardegna sono i seguenti:

  • Livello Ospedaliero/Accreditato SSN:
    • Riabilitazione intensiva post acuzie cod 56 in regime ricovero o DH
    • Riabilitazione intensiva ad alta intensità cod 75 per gravi cerebro lesioni acquisite

  • Livello Territoriale in regime ricovero:
    • Riabilitazione estensiva ex art 26 con a due livelli alta intensità e mantenimento
    • Lungodegenze mediche e riabilitative

  • Livello territoriale:
    • Servizi a ciclo continuativo, residenziali o dh
    • Ambulatori convenzionati

Il comune denominatore di ogni riabilitazione è la formulazione di un Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) all’interno del quale vengono sviscerate tutte le fasi del trattamento, dalla presa in carico, alle necessità mediche, ai percorsi fisioterapici fino all’area sociale con il percorso in dimissione. Nodi cruciali:

  • mancanza di un documento regionale che assegni competenze chiare ai Centri;

  • invio di pazienti in setting non appropriati od al limite delle indicazioni;

  • difficoltà per insufficienza di posti letto che comprendono anche quelli in setting inferiori per complessità (di estrema attualità per i pazienti in isolamento da contatto);

  • difficoltà nei percorsi domiciliari di rientro dei pazienti nella prescrizione di ausili, nutrizioni o attivazione di servizi.
Pertanto, è necessario:

  • definire e attivare le dotazioni dei posti letto;

  • realizzare un modello unico di trasferimento dei pazienti fra i diversi setting, superando anche le territorialità dei vari PUA;

  • definire uno schema riconosciuto di valutazione del paziente;

  • individuare degli elementi condivisi a favore della corretta valutazione delle giornate riabilitative; definire dei percorsi per patologie/problematiche riabilitative specifiche; creare laboratori per la valutazione ausili;
I professionisti sanitari, come medici, infermieri, tecnici di laboratorio e altri operatori, costituiscono il nucleo strutturale del sistema sanitario. La nostra Regione sta vivendo una crisi senza precedenti per quanto riguarda il personale sanitario, culminata nella pandemia di COVID-19. A causa di ciò, abbiamo visto aumentare il tasso di abbandono degli operatori sanitari proprio nel momento in cui la domanda di servizi sanitari cresceva. È probabile che questi tassi di abbandono aumentino ulteriormente se non vengono affrontate le sfide che portano a tale abbandono. Tra i diversi motivi che portano a questa situazione, dobbiamo evidenziare l’invecchiamento dei dipendenti della sanità, il pensionamento, l’emigrazione in altri paesi, le dimissioni. È imperativo adottare tempestivamente e con priorità misure politiche volte a migliorare le condizioni di lavoro del personale sanitario, al fine di contrastare il logoramento e l’auspicio di abbandonare la professione, unitamente a politiche di sviluppo quantitativo del personale sanitario.

Dobbiamo agire intervenendo sulle principali azioni volte a mitigare il logoramento e la stanchezza del personale sanitario: Miglioramento delle condizioni di lavoro:


  • Introdurre modalità di lavoro più flessibili per favorire un equilibrio tra lavoro e vita privata.

  • Fornire attrezzature adeguate, infrastrutture e tecnologie sanitarie digitali per garantire servizi di qualità.

  • Offrire sviluppo professionale continuo e opportunità di tutoraggio.

  • Garantire una giusta remunerazione.

  • Assistenza e benessere degli operatori sanitari.

  • Implementare politiche e interventi per fornire assistenza individuale e proteggere la salute mentale e il benessere psico-fisico degli operatori sanitari, focalizzandosi su stress, depressione e burnout.

  • Cambiare le strategie di occupazione e reclutamento.

  • Pianificare e prevedere in modo più efficace il personale sanitario per gestire il pensionamento degli operatori sanitari e pianificare nuove assunzioni.

  • Introdurre politiche incentivate per prolungare volontariamente la permanenza nel SSR.

  • Affrontare queste sfide richiede interventi immediati e mirati.

  • Elaborare un piano, in collaborazione con le Università di Cagliari e Sassari, volto ad assicurare una programmazione efficace per la formazione dei futuri medici, infermieri e tecnici sanitari, sulla base delle reali necessità, sia per quanto riguarda l’accesso all’Università che alle scuole di specializzazione.
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